Un nuovo gruppo di esperti accusa l’industria aerea di inazione e propone un cambio di rotta per evitare una crisi climatica globale
Un gruppo di professionisti dell’aviazione, attivi o in pensione, lancia l’allarme: senza un cambio radicale, il settore rischia di contribuire in modo determinante alla crisi climatica. Le soluzioni esistono, ma mancano volontà politica e strategica.
Combustibili fossili – Ogni volo di linea, in particolare quelli intercontinentali, consuma grandi quantità di carburante Jet A, una versione raffinata del cherosene. La combustione di questo carburante genera anidride carbonica, che viene rilasciata a oltre 10.000 metri di quota, rendendo gli effetti climatici più severi. L’aumento del traffico aereo previsto da qui al 2042 potrebbe raddoppiare il numero di passeggeri e aggravare ulteriormente l’impatto ambientale del settore.
Carburanti sostenibili – Negli ultimi anni si è parlato molto dei SAF, carburanti alternativi che promettono minori emissioni. Tuttavia, il loro costo elevato e la limitata disponibilità ne impediscono l’adozione su larga scala. In un’industria che basa i profitti su minimi margini, l’uso esteso di SAF resta marginale e spesso relegato a operazioni dimostrative.
Responsabilità globale – Le emissioni dell’aviazione non rientrano negli impegni dell’Accordo di Parigi perché, come per il trasporto marittimo, non sono facilmente attribuibili a singoli Stati. Il compito di gestirle spetta all’ICAO, l’agenzia dell’ONU dedicata al trasporto aereo civile. Ma secondo Karel Bockstael, ex vicepresidente per la sostenibilità di KLM e cofondatore del gruppo Call Aviation To Action (CATA), l’organizzazione ha fallito nel suo compito: “Dopo otto anni di discussioni, l’unica proposta concreta è il CORSIA, un sistema di compensazione delle emissioni che non impone tagli reali”.
Critiche crescenti – Il sistema CORSIA è stato giudicato inefficace anche da parte degli operatori del settore. Il CEO di Qatar Airways lo ha definito “una mera operazione di pubbliche relazioni”. Secondo il Climate Action Tracker, i piani climatici dell’aviazione sono “criticamente insufficienti”. Intanto, il 50% delle emissioni del comparto proviene dall’1% della popolazione mondiale, quella che vola più spesso, come riportato dal Guardian.
Proposte alternative – CATA chiede obiettivi vincolanti basati su budget di carbonio equamente distribuiti a livello globale. Secondo il gruppo, servono “roadmap con traguardi intermedi a breve termine” per restare nei limiti di un pianeta vivibile. Si suggerisce inoltre di fermare le attività di lobbying contro le politiche climatiche e di gestire la domanda di voli con strumenti come tasse sul carbonio o sui voli frequenti, prevedendo però misure di equità per i Paesi in via di sviluppo.
Innovazione – Finlay Asher, ingegnere aerospaziale del collettivo Safe Landing, ritiene che queste proposte aprano la strada a una nuova era dell’aviazione: “Servono nuovi progetti di aeromobili, tecnologie a zero emissioni e infrastrutture aeroportuali innovative. Questo creerebbe occupazione e renderebbe il volo più silenzioso, pulito e accessibile”.
Sfida culturale – La proposta di limitare i voli trova l’opposizione di alcuni gruppi politici, che la considerano una minaccia alla libertà personale. Ma CATA insiste: l’inerzia potrebbe portare l’aviazione a rappresentare il 25% delle emissioni globali entro il 2050. “Amiamo il volo, ma vogliamo che abbia un futuro”, ha concluso Bockstael.