I lavoratori chiedono un aumento salariale del 7%, l’adeguamento automatico all’inflazione e maggiorazioni per i turni straordinari
I porti di Rotterdam e Anversa-Bruges, due dei principali snodi del traffico marittimo europeo, sono al centro di scioperi che stanno rallentando sensibilmente la logistica del continente. Le proteste hanno coinvolto i lavoratori del fissaggio dei container nei Paesi Bassi e i piloti portuali fiamminghi in Belgio, con rivendicazioni su salari, pensioni e condizioni di lavoro.
A Rotterdam, lo sciopero iniziato l’8 ottobre si è esteso ben oltre le 48 ore previste, bloccando le operazioni nei principali terminal container e provocando lunghi tempi di attesa per le navi. Dopo una settimana di fermo, il 13 ottobre i lavoratori hanno concesso una tregua di cinque giorni per riaprire i negoziati, ma il sindacato FNV ha già preannunciato che, in caso di mancato accordo, la mobilitazione potrebbe riprendere senza limiti di durata.
I lavoratori chiedono un aumento salariale del 7%, l’adeguamento automatico all’inflazione e maggiorazioni per i turni straordinari. Le aziende hanno offerto tra il 4% e il 6%, proposta ritenuta insufficiente.
Nel frattempo, in Belgio, i piloti portuali protestano contro una riforma delle pensioni che potrebbe tagliare gli assegni futuri fino al 45%. A causa dello sciopero, il porto di Anversa-Bruges è sceso da 60-80 scali giornalieri a poco più di 30.
I due porti rappresentano oltre il 20% del traffico container europeo. Le ripercussioni iniziano a sentirsi anche nei settori alimentare, farmaceutico e dei beni di consumo. Le aziende segnalano ritardi nelle consegne, costi extra per lo stoccaggio e congestioni attese anche in porti alternativi come Amburgo e Le Havre.
Se la situazione non troverà una rapida soluzione, il rischio è quello di un effetto domino su tutta la rete logistica europea, già provata da mesi di rallentamenti e difficoltà strutturali.