Economia, Gozzi (Confindustria) alla Schlein: "Eco-estremismo sta uccidendo l'industria europea, PSE torni a fare politica alta"

Scritto il 10/07/2025
da Stefano Rissetto

"Perché la socialdemocrazia non difende più lavoro e operai per un estremismo ambientalista, religione neopagana a forte sfondo anticapitalista?"

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e ai vertici di Confindustria come consigliere del presidente Orsini, lancia un appello diretto e appassionato a Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico e figura centrale del socialismo europeo, affinché il Partito dei Socialisti Europei si impegni attivamente nella difesa dell’industria europea. Per Gozzi, la sopravvivenza del tessuto produttivo continentale è oggi minacciata da un Green Deal che, nato con buone intenzioni, è stato “imposto finora da un’ideologia ambientalista estremista” e rischia di trasformarsi in un boomerang sociale ed economico.

La lettera prende le mosse da un fatto che l’autore definisce “nuovo ed emblematico”: la preparazione di un documento economico comune tra i premier di Germania, Francia e Italia – Merz, Macron e Meloni – con l’obiettivo di rilanciare la competitività industriale dell’Europa. Secondo Gozzi, “i leader dei tre paesi più industrializzati d’Europa, consapevoli che il tempo stringe, ritengono necessario richiamare la Commissione all’azione per cercare di salvare l’industria del continente”. Una presa di posizione che testimonia come i grandi Stati europei stiano tentando di rompere l’immobilismo delle istituzioni comunitarie, dominato dalla “tecnocrazia comunitaria” e da una logica regolativa che ha perso contatto con la realtà produttiva.

Al centro del documento dei tre premier vi è una riflessione sul declino dell’industria europea e sulla necessità di ripensare il Green Deal, senza rinnegarne gli obiettivi ambientali ma mettendone in discussione i metodi. Gozzi scrive: “Non si vuole negare la necessità di decarbonizzare le nostre economie ma vi si afferma la necessità di farlo con logiche, metodi e tempi diversi”. Il segnale forte è che persino Emmanuel Macron, leader di Renew Europe e sostenitore storico della transizione verde, oggi riconosce la necessità di un cambio di passo. Da qui, l’appello a Schlein affinché anche i socialisti partecipino a questa svolta.

Il cuore del ragionamento di Gozzi sta nella denuncia di un ambientalismo divenuto dogma, che ha finito per dimenticare le conseguenze sociali delle sue scelte. Cita Tony Blair, che in un’intervista recente ha affermato: “Tutti sanno che l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050 è irraggiungibile, ma nessun politico ha il coraggio di dirlo perché teme di passare per negazionista”. La denuncia è chiara: l’ideologia ha preso il sopravvento sul pragmatismo, e il prezzo lo pagano operai, imprese e famiglie.

La situazione, secondo Gozzi, è drammatica. “Non c’è settore industriale di base che non sia a rischio di delocalizzazione o di chiusura per le norme europee sull’ambiente”. Acciaio, chimica, carta, vetro, fonderie: tutte filiere indispensabili per l’autonomia strategica dell’Europa stanno soffrendo. L’esempio dell’acciaio è emblematico. Con la norma CBAM, che elimina le quote gratuite di CO2, il 60% dell’acciaio europeo prodotto con gli altiforni rischia la chiusura. “Se questi si spengono – avverte – l’automotive europeo dovrà andare a comprare lamiere per le carrozzerie in Cina, Corea del Sud e Giappone, e cioè proprio dai suoi principali competitori sul mercato automobilistico”.

La critica è ancora più dura quando si parla della scelta dell’auto elettrica, definita da Gozzi una “scommessa demenziale”. L’Europa, dice, ha rinunciato al proprio primato nell’auto a motore endotermico, un settore dove eccelleva e che con biocarburanti e innovazioni stava già raggiungendo livelli di emissioni paragonabili a quelli dell’elettrico. Ora, però, “la Cina ha un vantaggio tecnologico e di prezzo che appare ormai irrecuperabile”.

Per affrontare tutto ciò, servono riforme a costo zero: abolizione della tassa carbonica, semplificazione burocratica, protezione dal commercio sleale. Ma soprattutto serve un cambiamento di visione. “Occorre un cambiamento di paradigma e di visione”, scrive, e chiede che si costruisca una grande alleanza politica trasversale – popolari, socialisti, liberal-democratici, conservatori – in grado di imporsi sulla tecnocrazia europea. È in gioco, sostiene, il futuro stesso del modello sociale europeo: “È l’industria con la sua produzione di valore che consente il mantenimento del nostro modello sociale e di welfare di cui tutti, giustamente, meniamo vanto”.

Gozzi si chiede perché i socialisti si ostinino a restare ancorati a posizioni che definisce “astratte ed estremiste”, tradendo la loro stessa storia. “Qual è la ragione per la quale la socialdemocrazia, tradizionalmente votata alla difesa del lavoro, delle fabbriche e degli operai, dovrebbe anteporre a questi interessi sociali un estremismo ambientalista, una specie di religione neopagana a forte sfondo anticapitalista?”, domanda. E osserva con preoccupazione che sempre più operai, in assenza di rappresentanza, si stanno rivolgendo a partiti estremisti, sia a destra che a sinistra.

Infine, la denuncia più forte è quella contro l’intreccio ideologico che ha avvelenato le politiche europee: “Un’ideologia totalitaria contro la libertà dei cittadini e delle imprese, fatta dall’intreccio inestricabile di un fascio di forze eversive come l’estremismo ambientalista, l’estremismo mercatista e l’estremismo finanziario”.

La conclusione è un appello politico e morale. Gozzi chiede che i socialisti tornino a essere protagonisti della difesa dell’industria, del lavoro e del modello sociale europeo. “Se il PSE non la fa significa che ha perso l’anima e l’insegnamento dei padri riformisti del socialismo europeo, che del realismo e del pragmatismo hanno sempre fatto la loro stella polare”. L’industria, conclude, è il cuore pulsante dell’Europa. Senza di essa, non ci sarà né autonomia strategica, né giustizia sociale, né vera transizione ecologica.