Addio a Nicola Pietrangeli, il tennis italiano perde la sua leggenda

Scritto il 01/12/2025
da steris

Due vittorie al Roland Garros e la prima Davis azzurra da capitano non giocatore nel 1976

Il tennis italiano perde la sua figura più rappresentativa: Nicola Pietrangeli si è spento a 92 anni, lasciando un’eredità sportiva che non ha eguali nel nostro Paese. Per decenni è stato il volto internazionale del tennis azzurro e rimane tutt’oggi l’unico italiano accolto nella Hall of Fame di Newport.

In Coppa Davis è ancora il detentore di record che paiono irraggiungibili: 164 match disputati, 78 vittorie in singolare e 42 in doppio. Con Orlando Sirola formò una coppia leggendaria, la più prolifica di sempre nella competizione, pur riuscendo a conquistare l’insalatiera solo da capitano nel 1976. Fu lui stesso a dichiarare più volte che la sua impresa più importante non fu in campo, bensì fuori: portare l’Italia in Cile nonostante le pressioni politiche per il boicottaggio, vincendo – diceva – “il match diplomatico più difficile”.

Figura iconica della Roma della Dolce Vita, Pietrangeli fu considerato tra i migliori dieci giocatori del mondo tra il 1957 e il 1964, quando le classifiche erano affidate ai giornalisti. I suoi risultati parlano chiaro: due titoli al Roland Garros (1959 e 1960), due trionfi agli Internazionali d’Italia e quarantotto titoli complessivi, oltre a medaglie ai Giochi del Mediterraneo e all’esibizione olimpica di Città del Messico. Amava ripetere, con il sorriso ironico che lo contraddistingueva: “Se mi fossi allenato di più, avrei vinto di più. Ma mi sarei divertito di meno”.

Gli anni d’oro a Parigi - Le sue vittorie al Roland Garros restano il capitolo più celebrato della sua carriera. Il primo trionfo, nel 1959, arrivò in una finale dominata contro Ian Vermaak e in un periodo della sua vita che sembrava uscito da un film: amori pittoreschi, serate al Crazy Horse e un’entrata al campo in Buick bianca con la sua compagna del momento. L’anno successivo replicò superando Luis Ayala in un match logorante, terminato con i piedi sanguinanti e due giorni passati in pantofole.

Wimbledon, Roma e gli Internazionali - Nel 1960 sfiorò la finale di Wimbledon, fermato solo al quinto set da Rod Laver. In quello stesso periodo rifiutò l’ingaggio nel circuito professionistico di Jack Kramer, rinunciando a ricchi compensi pur di vivere da protagonista le Olimpiadi nella sua Roma.

Il suo legame con il Foro Italico fu indissolubile: vinse gli Internazionali d’Italia nel 1957 e nel 1961, quest’ultimo in una finale storica contro Laver nella Torino del Centenario dell’Unità d’Italia.

Il volto eterno della Coppa Davis - Pietrangeli è, per eccellenza, il simbolo della Davis italiana. Debuttò giovanissimo e per quasi vent’anni fu il punto fermo della squadra. Al fianco di Sirola costruì una striscia di 34 vittorie consecutive in doppio, trascinando l’Italia fino alle prime finali della sua storia, pur trovandosi spesso davanti le corazzate australiane di Fraser ed Emerson.

Il trionfo da capitano nel 1976 - Da capitano realizzò ciò che non aveva potuto ottenere da giocatore: la Coppa Davis. Nel 1976 guidò la squadra alla vittoria in Cile, una trasferta ostacolata da tensioni politiche, proteste, persino minacce. Ma Pietrangeli non si tirò indietro, convinto che sottrarsi alla competizione avrebbe avuto effetti devastanti per i dissidenti cileni. La squadra tornò in Italia quasi in segreto, e lui passò una notte a casa con la Coppa e il suo gatto, come un trofeo da proteggere. Nella foto, Pietrangeli tra i suoi 'moschettieri': Panatta, Zugarelli, Barazzutti e Bertolucci.

L’eredità di un fuoriclasse - Jaroslav Drobný, tre volte campione Slam, scrisse che nessuno aveva fatto per il tennis italiano quanto Pietrangeli. Lo definiva un artista incostante e irresistibile: capace di incantare quando era ispirato, capace di sorprendere nel bene e nel male. Ma sempre, in ogni caso, impossibile da ignorare.